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La parola verso proviene dal verbo latino vertere, cioè «capovolgere», in particolare la terra con un aratro. Il verso è allora un solco, una linea dritta in cui l’uomo col proprio lavoro pone i suoi semi che germoglieranno: nel verso, così, convergono la linearità naturale degli eventi e l’impegno fruttifero del pensiero umano.

giovedì 8 settembre 2011

Questionario di poesia (15)



Mario Fresa

Questionario di poesia (15)


 
 Cinzia Marulli









Qual è il segreto progetto a cui tende la tua scrittura?
La parola “segreto”non mi appartiene, non riesco proprio a sentirla mia perciò anche la mia scrittura non può assolutamente porsi ad un progetto “segreto”. Semmai ad un progetto ignoto perchè non so dove mi porterà la ricerca poetica. Ma dovunque sia, sono certa di volerci arrivare, con umiltà, con  studio, con perseveranza, con condivisione. Certo, mi piacerebbe, un giorno, scoprire se “la parola” è arrivabile, riuscire a toccarne la potenza, la forza vibrante dell’evocazione. Non è forse questo quello a cui tende chi cerca di scrivere poesia?  Credo che questo in realtà sia il progetto supremo che sottintende ogni altra ricerca. 

Come nasce, in te, una poesia?
Di sicuro è qualcosa che si ha dentro, c’è e basta, ma ciò non deve essere confuso con l’improvvisazione, con l’immediatezza pura e semplice. La poesia per essere tale ha bisogno di essenza e di parvenza. È un lavoro costante sulla parola, sul ritmo, sul verso. Alla base deve avere la conoscenza, lo studio dei grandi poeti del passato; centinaia, migliaia, di ore di lettura intorno alla poesia. Solo dopo tutto questo può nascere.
Diverso è invece dire “da dove nasce una poesia” perchè in questo secondo caso le risposte sarebbero infinite e  soggettive. Nel mio caso per esempio può essere da qualcosa che si osserva o che si vive e che poi si tramuta, in un secondo momento, in parola poetica. Altre volte è un pensiero, una meditazione, altre ancora un sentimento, un’emozione. Mi è capitato anche di svegliarmi nel cuore della notte con l’urgenza di scrivere. Altre volte è lì, sospesa nel limbo, davanti ad un foglio bianco e stenta, timorosa, a nascere.

Il poeta parla di ciò che realmente vive o di ciò che vorrebbe ricevere, e che sempre gli sfugge?
Il poeta parla della vita e parla di come vorrebbe la vita; parla del sogno e parla di ciò che vorrebbe sognare; parla di ciò che ha e dell’irraggiungibile. Credo che non ci sia limite al discorso poetico, perché comunque esso è sempre una proiezione dell’intimo sentire dell’uomo posto in una dimensione universale dell’essere.

La poesia è salvazione?
Una volta, ad un incontro romano tra poeti e scrittori, posi una domanda simile. Si scatenò un putiferio e ben presto ci ritrovammo divisi in due fazioni contrapposte. Mi meravigliai moltissimo di ciò perchè io ero certa che la poesia fosse salvazione, ma evidentemente non tutti la pensavano come me. Molti portavano esempi di poeti tormentati e addirittura suicidi. Da qui nasceva dunque l’equivoco. Ovvero l’errata identificazione della poesia con il poeta. La poesia infatti, secondo me,  è di tutti, non rimane di proprietà di chi la scrive. Il poeta invece è un mezzo, uno strumento, un’anima umile che offre la sua creazione alla sensibilità e al bene degli altri.

A quale gioco della tua infanzia vorresti paragonare la tua poesia?
Questa domanda mi turba un pochino perché non ho un reminiscenza molto felice della mia infanzia. Ricordo solo un grande senso di solitudine, ma non perchè fossi realmente sola bensì perchè la solitudine albergava in me come uno stato d’animo, un sentire interiore. Quindi uno dei miei giochi preferiti era quello di creare amici immaginari con i quali giocare, parlare, ridere. Ovviamente sapevo che non c’erano, ma questo mondo onirico alleviava il mio senso di inquietudine e di incomprensione. In un certo senso questo gioco è stato sostituito dalla scrittura poetica che mi ha avvicinato a me stessa e agli altri.

Che cosa ti ha insegnato la frequentazione della scrittura poetica?
Mi ha insegnato l’umiltà, o almeno me l’ha ricordata, come necessaria predisposizione a cui bisogna flettersi per potersi avviare alla scrittura poetica. Confrontarsi con la “parola” non è cosa semplice come si possa pensare e richiede impegno, devozione, spirito autocritico e la capacità di guardarsi dentro ed intorno con occhi aperti e sinceri. Per questo un altro insegnamento fondamentale è l’osservazione, di certo non solo quella esteriore, ma ancora più importante quella profonda, speculare. Diciamo: la capacità di guardare oltre e,  paradossalmente, di guardare le piccole cose. 

Qual è il grado di finzione e di mascheramento di un poeta?
Nessuno, altrimenti non siamo di fronte ad un poeta.

Vorresti citare un poeta da ricordare e da rivalutare? 
Ne vorrei citare tanti; Carducci ad esempio che amo immensamente.

Qual è il dono che augureresti a un poeta, oggi?
Gli augurerei di essere ricco, o almeno benestante per potersi dedicare alla poesia senza l’oppressione dei pensieri materiali visto che viviamo in una società che non aiuta gli artisti, figuriamoci i poeti! Per il resto credo non abbia bisogno d’altro, ha già la poesia.

Puoi citare, spiegando perché, un verso che ti è particolarmente caro?
Tanti versi mi sono cari, ma ultimamente ho sentito profondamente un verso di Giovanni Giudici: «metti la vita in versi». Non è un’esortazione meravigliosa? La vita, che troppo spesso sprechiamo dietro a cose di poco conto, non è invece un dono da consacrare? Forse è proprio questa la poesia più ardua da scrivere: la nostra vita, perché la poesia richiede tra le altre cose, la coerenza.
                                        







In alto, Chapelle Rose di  Henri Martin [1860 - 1943]


             


        



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